Aceto balsamico tradizionale: una cultura da scoprire

Radici e tradizione di un prodotto apprezzato nel mondo

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Le Terre di Castelli sono luogo d’elezione per il prodotto riconosciuto nel mondo come l’eccellenza dell’enogastronomia modenese: l’Aceto Balsamico Tradizionale. La Consorteria di Spilamberto tutt’oggi ne tutela l’autenticità, mentre ogni produttore del territorio custodisce segreti secolari tramandati di generazione in generazione.

Pochi prodotti tra le eccellenze enogastronomiche italiane famose nel mondo possono vantare un fascino e un mistero paragonabili a quelli che avvolgono l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena: principe della tavola e vero “oro nero” del gusto. Liquido scuro, denso e prezioso, gelosamente custodito in ampolle che lo rendono ancora più intrigante e “magico”, l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena è il frutto di una storia che va indietro nei secoli e che nelle Terre di Castelli viene conservata e tramandata con passione di generazione in generazione.

Proprio qui infatti ha sede la Consorteria dell'Aceto Balsamico Tradizionale, che ne stabilisce il disciplinare di produzione, e qui la cura dei barili e dei lavori da compiere in acetaia sono faccende serie, motivo di accanite dispute e disfide tra esperti, così come di grande orgoglio per i produttori.

Per chi cerca la grande enogastronomia di qualità, per chi ama scoprire i gusti autentici e conoscere le storie, gli uomini, il territorio, è irrinunciabile l'occasione di venire a toccare con mano i luoghi e le esperienze che nelle Terre di Castelli fanno dell'Aceto Balsamico Tradizionale non solo un prodotto di eccellenza della migliore Italia a tavola, ma anche e soprattutto lo specchio di una passione e di una cultura antiche.

Una tradizione secolare

La storia dell'Aceto Balsamico Tradizionale affonda nei secoli e si lega alla vasta diffusione che anticamente avevano i prodotti ai quali ci si riferiva con il nome di "aceti". In un passato in gran parte oggi scomparso, i più diversi aceti erano utilizzati come intingoli e condimenti, e spesso venivano prodotti a partire da diverse materie prime (non solo uve, ma anche mele, ad esempio) e utilizzando diverse spezie. Con il tempo si diffuse la fama degli "aceti alla modenese", già noti nell'800 ben oltre i confini del Ducato di Modena, allora governato dagli Estensi e corrispondente più o meno alle attuali province di Modena e Reggio Emilia. È quindi evidente che questo territorio avesse già una particolare predisposizione e un istinto tutto suo verso questi prodotti dal gusto inebriante, al contempo dolce e sapido, rotondo e pungente. E infatti a guidare la carica in fatto di aceti era lo stesso Duca, nel cui palazzo le soffitte vennero ben presto convertite in acetaie e nelle cui cucine si parla per la prima volta di "aceto balsamico", citato in un registro delle cantine ducali del 1747.

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L'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, prodotto a partire dalla maturazione in botti di legno del mosto cotto di uve di lambrusco e trebbiano, divenne così un simbolo del territorio e un patrimonio coltivato e custodito dai suoi abitanti. Se infatti subito furono nobili e aristocratici a voler emulare il Duca e la sua corte in fatto di saper mangiare, ben presto la conduzione dell'acetaia passò ad essere una passione e un motivo d'orgoglio per la gran parte delle famiglie, oltre che un modo per costruire un vero e proprio patrimonio.

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Aceto Balsamico Tradizionale: una questione di territorio

Se le soffitte del Duca sono citate nei libri di storia per la loro produzione di aceto balsamico, sono però i vigneti che circondano la città di Modena che nei secoli sono stati all'origine di questo prodotto. La coltivazione di uve del tutto peculiari, come il lambrusco e il trebbiano, con il loro carattere zuccherino, ha caratterizzato sin dall'epoca romana l'ambiente collinare e di alta pianura ai piedi dell'Emilia. In un tempo in cui la pianura era spesso soggetta a piene ed allagamenti, che la rendevano poco adatta alla coltivazione della vite, è qui che invece questa coltura prese piede. La stessa origine romana del nome di Vignola (Vineola, piccola vite) è legata proprio a questo remoto passato.  

E così ogni paese e ogni borgo delle Terre di Castelli è divenuto con lo scorrere dei secoli luogo d'elezione per la cultura dell'Aceto Balsamico Tradizionale, prodotto indissolubilmente legato a questo territorio. Passeggiando con il naso all'insù per le vie del centro di Spilamberto o CastelvetroVignola o Castelnuovo, si può star certi che tra sottotetti e abbaini si senta forte e penetrante l'aroma del balsamico.

Allo scorrere del tempo e delle stagioni sono legati alcuni dei momenti più importanti della produzione dell'Aceto Balsamico Tradizionale. Con l'autunno si ripete ogni anno il rito della bollitura del mosto, una volta realizzata in ogni corte di campagna all'interno di grandi paioli in rame posti sulla fiamma a fuoco lento. Il mosto cotto è quindi messo a riposare nel primo barile di quella serie di botticelle che in ogni soffitta prende il nome di batteria. Ogni barile è sempre più piccolo e con ogni anno il contenuto di ognuno viene passato al successivo. Fino a che dall'ultima botticella non esce il prodotto invecchiato, carico di sentori aromatici e di fragranze inebrianti. Questo rituale oggi viene richiamato a Spilamberto da un evento dedicato proprio alla cultura dell'Aceto Balsamico Tradizionale, dal nome non casuale di Mast Cot, "mosto cotto" appunto, che si tiene nelle prime settimane di ottobre.

aceto balsamico tradizionale modena terre di castelli mosto cotto

Se il tempo è il grande alchimista che lentamente affina il gusto dell'aceto balsamico, d'altro canto ogni produttore segue rigorose tradizioni di famiglia che vanno dal posizionamento dell'acetaia, fino al determinare i giusti tempi e le giuste quantità per la fondamentale operazione dei travasi (o passaggi) del contenuto da una botticella all'altra. A sancire il legame con questo territorio sono poi proprio le varietà dei legni utilizzati per la produzione dei barili, come il rovere, il ciliegio, il castagno, il frassino, il gelso, il ginepro: ognuno elemento fondamentale dell'ambiente e del paesaggio di queste campagne e ognuno fondamentale nel portare struttura e aroma all'Aceto Balsamico Tradizionale.

Tutelare la cultura dell'Aceto Balsamico Tradizionale

Proprio nel cuore delle Terre di Castelli, a Spilamberto nacque nel 1967 la Consorteria dell'Aceto Balsamico Tradizionale. Infatti nel pieno del boom economico e dello sviluppo industriale del nostro paese da un lato si rischiava di veder pian piano scomparire le antiche tradizioni locali, mentre dall'altro il mercato, divenuto ormai di massa, iniziava ad essere inondato di prodotti che, pur riprendendone il nome, poco avevano a che fare con il vero Aceto Balsamico Tradizionale. La Consorteria divenne quindi un punto di riferimento nella conservazione e nella tutela di questa tradizione, compilandone il disciplinare di produzione e diffondendo questa cultura a beneficio di vecchi e nuovi produttori. Oggi questa storia è conservata a Spilamberto all'interno del Museo del Balsamico Tradizionale, una visita che non si può non compiere per potersi dire veramente appassionati ed estimatori di questo prodotto.

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