Tigelle e borlenghi: scopri l’Appennino modenese attraverso le sue specialità
Dalla regina delle specialità rustiche modenesi all’impasto nato per scherzo, passando per i ciacci e per le preparazioni a base di castagne: l’Appennino modenese è pronto a mettersi in gioco e a raccontarsi attraverso i suoi sapori.
Se è vero che un territorio si esplora grazie anche all’esperienza gastronomica che offre, potrebbe essere sufficiente assaggiare le specialità dell’Appennino modenese per comprendere la storia del luogo e dei suoi abitanti.
"Mangiare è incorporare un territorio", diceva il geografo francese Jean Brunhes, e per conoscere meglio le zone di Marano, Guiglia e Zocca è necessario avvicinarsi ai quei sapori che si intrecciano a cultura e tradizione.
Se siete amanti del buon cibo, non potete non concedervi un tour gastronomico nelle Terre di Castelli. Le tappe obbligatorie? Tigelle, borlenghi, i ciacci e le preparazioni a base di castagne e farina di castagne.
LA CULTURA DELLE TIGELLE (O CRESCENTINE) MODENESI
Considerata la regina delle specialità rustiche modenesi, persino il pittore Gino Covili dipinse l’opera “Le crescenti” per celebrare la loro preparazione e il successivo momento di convivialità.
Il nome corretto della focaccina sarebbe crescentina, perché tigella è lo strumento in terracotta in cui le crescentine venivano cotte nella tradizione contadina. Negli anni, e con un processo di metonimia, tigella è diventato anche il nome dell’alimento.
Se oggi le tigelle vengono cotte in casa utilizzando le tigelliere, un tempo le forme venivano surriscaldate sul fuoco del camino e tenute separate dalla cenere grazie all’utilizzo di foglie di castagno. Sulle piastre in terracotta era spesso presente il fiore della vita, una figura geometrica composta da cerchi multipli sovrapposti che lasciava la sua impronta sulla tigella.
Una curiosità tutta modenese è proprio l’origine di questa immagine. Perché nella nostra tradizione culinaria è presente un simbolo di derivazione medio-orientale? Probabilmente è necessario arrivare ai tempi dei primi cristiani per capirlo. I due cerchi che si incontrano erano infatti il simbolo della Vesica Piscis, la forma ogivale che, come l’Ichthys, si riferiva a Cristo. L’icona, che veniva inizialmente utilizzata per riconoscersi, con il trascorrere dei secoli perse il significato originario finché qualcuno non iniziò a inciderlo sulle tigelle in terracotta.
Con un diametro di circa quindici centimetri, le crescentine si mangiano tagliate a metà e farcite con salumi, formaggi e altre specialità tipiche del territorio. In alternativa si può provare la versione originale che prevede l’accompagnamento con lardo e parmigiano.
All’interno del Parco Regionale dei Sassi di Rocca Malatina, l’antico borgo Samone ospita la Mostra permanente della Tigella. Al suo interno è possibile ammirare i dischi di terracotta refrattaria insieme ad altri strumenti testimoni dell’elaborata tecnica di produzione. Se invece desiderate vivere pienamente l’allegria conviviale, la Festa della Crescentina e dei Cibi Montanari si svolge a Zocca riempiendo le strade di profumi e sapori.
I BORLENGHI TRA STORIA E CURIOSITÀ
Visivamente simile a una crêpe o al pane carasau, il borlengo è un piatto tipico di una zona ristretta dell’Appennino modenese. Dalla ricetta semplice ma necessaria di un’elaborata preparazione, il suo nome deriva da burla. Chi si rese protagonista dello scherzo che gli diede il nome? Le leggende sono diverse, tutte meritevoli. C’è quella che ricorda il consumo prevalentemente a carnevale e quella che vede il paradosso tra la sua forma voluminosa e il suo essere leggero e sottile.
La storia più curiosa è forse quella che riguarda una rezdora, una massaia vittima di uno scherzo. Pare infatti che, durante la preparazione delle crescentine, si sia ritrovata con una dose eccessiva di acqua nell’impasto. Per evitare di sprecare gli ingredienti, provò a inventare qualcosa di nuovo dando vita ai burlang.
Non mancano, infine, le leggende nate in tempi di guerra. Protagoniste furono le nobili famiglie di Guiglia o di Vignola che, grazie ad alimenti preparati con farina e acqua impastata, sopravvissero agli assedi al castello.
Ma quali sono le caratteristiche del borlengo? Innanzitutto si prepara cucinando un impasto liquido chiamato colla. Questo viene versato nel sole, una padella di rame stagnato del diametro di circa 50 centimetri. Con l’aiuto di uno scopino viene aggiunta la cunza, un composto a base di pancetta, lardo, aglio e rosmarino. Il borlengo pronto viene quindi consumato ancora caldo e piegato in quattro.
La ricette originale prevede che la colla sia a base di farina, acqua e sale, ma versioni più moderne includono anche la possibilità di aggiungere uova.
A Zocca ha sede il Museo Laboratorio del Borlengo, fondato per raccontare le peculiarità di questo piatto tipico dell’Appennino ma anche per insegnare a preparare un borlengo secondo la tradizione.
I CIACCI SECONDO LA TRADIZIONE
Non solo crescentine e borlenghi, nella cultura montanara sono presenti anche i ciacci a base di castagne.
Dalle origini antichissime, il ciaccio ricorda un borlengo ma è più spesso e può essere sia dolce che salato. Si prepara impastando farina, olio, sale solo se si usa farina di grano e acqua e versando la preparazione in una cottola, una caratteristica padella piatta con un manico particolarmente lungo. La cottura avviene attraverso l’utilizzo di due cottole, entrambe riscaldate, una utilizzata come recipiente e l’altra per schiacciare e appiattire l’impasto in cottura.
Il ciaccio, che ha tempi di cottura molto veloci, si può gustare salato con pesto montanaro, prosciutto o formaggio oppure dolce con ricotta e miele.
LE PREPARAZIONI A BASE DI CASTAGNE E FARINE DI CASTAGNE
Oltre ai ciacci, sono diversi i piatti della tradizione modenese legati alle castagne e ai numerosi castagneti presenti sull’Appennino.
La torta di castagne è uno di questi, la cui ricetta antica prevede l’utilizzo di farina di castagne e cacao. Come accade spesso non esiste un unico procedimento, ma ogni famiglia si tramanda il suo di generazione in generazione. Un’importante occasione per assaggiare la torta è senz’altro la Sagra della Castagna di Zocca, in ottobre.
Anche il Migliaccio e il Castagnaccio richiedono la farina di castagne, ma mentre il primo aggiunge solo sale, acqua e olio di oliva, il secondo si arricchisce di uvetta sultanina e pinoli.
LA RICETTA DELLE TIGELLE
Se dopo aver conosciuto meglio le specialità dell’Appennino vi è venuta voglia di provare, ecco la ricetta delle tigelle (o crescentine) per mettervi subito all’opera.
Ingredienti per 4 persone, circa 18 tigelle:
- Farina 0 – 250 gr.
- Farina 00 – 500 gr.
- Latte intero – 300 gr.
- Acqua – 200 gr.
- Strutto – 60 gr.
- Olio extravergine di oliva – 50 gr.
- Lievito di birra secco – 3 gr.
- Sale fino – q. b.
Mescolate le farine, il latte, il lievito e lo strutto. Aggiungete olio, acqua e aggiustate di sale. Continuate ad amalgamare finché non otterrete un impasto compatto. A questo punto potrete iniziare a lavorarlo con le mani finché non sarà liscio e omogeneo. Riponetelo in un recipiente, copritelo e lasciatelo a riposo per almeno 2 ore, quindi riponetelo in frigo per altre 8 ore.
Ripreso l’impasto, cominciate a lavorarlo su una spianatoia infarinata. Stendetelo con un mattarello fino a ottenere uno strato di circa 5 millimetri da cui ricavare i dischi. Lasciate riposare le tigelle per altri 20 minuti, poi procedete con la cottura nella tigelliera.
COME FARE I BORLENGHI
Come anticipato, la ricetta richiede pochi ingredienti ma un’attenzione in più per la preparazione.
Ingredienti per 2/3 persone, circa 7/8 borlenghi:
Per la colla
- Farina 0 – 250 gr.
- Acqua fredda – 1 l
- Sale fino – q. b.
Per la cunza
- Lardo di maiale – 80 gr.
- Aglio – 1 spicchio
- Rosmarino – 1 rametto
- Parmigiano Reggiano grattugiato – 50 gr.
Amalgamate insieme farina e acqua in modo da ottenere la colla, quindi aggiungete il sale.
Preparate la cunza battendo finemente gli ingredienti.
Prendete la padella antiaderente (almeno 30 cm di diametro) e ungetela con dell’olio d’oliva o con un pezzo di lardo. Quando avrà raggiunto la giusta temperatura, versate un mestolo di colla al centro dandogli una forma omogenea. Se l’impasto inizia a bollire vuol dire che la padella è troppo calda. Sono sufficienti 20 secondi per lato a fuoco lento prima di aggiungere la cunza e chiudere il borlengo in quattro parti. L’ideale è accompagnarlo a un bicchiere di buon vino rosso.
3 MINI APPROFONDIMENTI:
MUSEO DEL CASTAGNO E DEL BORLENGO
Si trova all’interno dell’antico Ospitale di San Giacomo di Zocca, una struttura che dal XII secolo era gestita dai frati e offriva alloggio ai pellegrini. Il Museo del Castagno ripercorre la storia attraverso strumenti di lavoro, pannelli informativi e angoli interattivi. Di fronte, il Museo Laboratorio del Borlengo espone oggetti legati alla tradizione contadina con la possibilità di imparare a preparare il borlengo.
CASTELLO DI GUIGLIA
Distrutto e ricostruito più volte a causa di guerre, incendi e terremoti, fu trasformato in residenza nobiliare dal marchese Francesco Montecuccoli. In seguito alla decadenza della famiglia, la rocca venne acquistata dall’ingegnere svizzero Giovanni Beush che la trasformò in un albergo termale. Degni di nota sono la Torre del Pubblico a pianta quadrata e l’Oratorio della Madonnina, una riproduzione in miniatura del Santuario di San Luca a Bologna.
SAGRA DEL BORLENGO
Un piatto tipico, dalle origine antichissime, merita di essere celebrato con due week-end di spettacoli, musica e attrazioni. La Sagra del Borlengo si svolge a Guiglia dal 1967 e ha l’obiettivo di valorizzare, tutelare e mantenere vivo l’interesse di un cibo le cui caratteristiche sono rimaste intatte e tramandate di generazione in generazione.